mercoledì 12 settembre 2012

A mia madre


Cara mamma,
sei di là che dormi nel letto dove mi rifugiavo da bambino. Te lo ricordi  quando facevo finta di piangere e di avere paura (quella non la fingevo, sono sempre stato un fifone) per venire di là da te? Stanotte mi torna in mente e non so nemmeno perché. Forse perché ho di nuovo paura.
Giovanna si sposa fra due anni, Luca il prossimo giugno. I miei amici si fanno una famiglia. E la mia vita corre in un binario accanto alla loro, senza che si fermi per nessun motivo valido.
Sto soffrendo per amore, mamma e tu non lo sai. Ho scelto io di nasconderti che amo un ragazzo e che lui non mi vuole. In realtà, che non mi voglia, in questo momento, è un dettaglio. Ma tu non sai che sono gay. Non sono capace di dirtelo, mamma. Ho paura di sconvolgere di nuovo la tua vita. Per te non è mai stato facile. Avresti voluto studiare e non hai potuto. Ti sei dovuta rimboccare le maniche e abbandonare i tuoi sogni di ragazza. E per me hai dato l’anima in ogni momento. Vorrei essere felice sapendo che tu lo sai. Che mi sei accanto e che vuoi un figlio. Nonostante sia omosessuale.
Lo sussurro mentre sei di spalle in cucina, mentre trattengo l’ennesimo groppo in gola che se uscisse si trasformerebbe in un urlo lacerante. E invece resta qui, intrappolato dietro le corde vocali; e tu non ti giri per vedere le mie labbra che si muovono: “sono gay”.
Ho una rabbia dentro che esplode per ogni minima cazzata. Ma io non sono così. Sono arrabbiato con la vita e con te, che non mi accarezzi e mi dici che per te va bene. So che non lo vorresti, che hai desiderato altro per me. So che avresti voluto essere nonna, e che non ho un fratello o una sorella che possa darti questa gioia. Odio la mia solitudine!
Sarei stato un buon padre…avrei imparato da te e da papà. A mio figlio avrei detto “va’ da nonna” e per lui ci sarebbero stati vestiti troppo costosi, carezze, giochi e capricci da principe. Per lui sarebbero venuto il profumo dei biscotti di Natale e le mani appiccicate di cioccolata. So che avresti accettato  i capelli bianchi standogli accanto, e che li avresti portati senza più tingerli, un giorno felice di sentirti vecchia.
Eppure tutto questo non c’è. E non ci sarà mai.
Però potrà esserci un ragazzo che ti farà innamorare di lui. E sarà il mio. Sarà semplicemente un uomo, nulla più. Si verrà a prendere il ciambellone la domenica mattina, mentre io ho da fare a casa. Prenderà un mazzo di rose in più per te in ogni ricorrenza. Tenterà di conquistarti per farti essere un pezzo della nostra famiglia. Ti farà vedere che le camicie le sa stirare un po’ anche lui e che la crostata, in fondo, non gli riesce poi così male.
Basta che tu lo voglia, mamma. Basta che tu lo voglia…
Il tuo Andrea

sabato 8 settembre 2012

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Mai provato prima di allora, di quella sera di marzo. 
Primi mesi dopo la laurea. Stasera non c’è allenamento. Di leggere non ho voglia. In tv niente di decente.
Il pensiero mi ronza in mente già da un po’. Abbastanza riluttante, accendo il computer ed il modem. Aspetto che la connessione sia attiva. Il  sito l’ho già sbirciato qualche volta, senza avere il coraggio di iscrivermi. È dedicato esplicitamente al mondo gay e nella barra in alto lampeggia invitante la scritta “entra in chat”. Sarebbe la prima volta per me. Non è il momento di scappare, né di fare il timido. In pochi minuti completo l’ iscrizione: inserisco i miei dati fisici e anagrafici. Mi viene chiesta una foto del profilo. Non voglio apparire, troppo presto per metterci la faccia. Scelgo dal web un’immagine significativa: Batman bacia appassionatamente Robin…figo! La scarico e la piazzo sotto il mio nick name. Ancora qualche istante e…ci sono! Sono in chat. Girovago qualche minuto tra i profili altrui. Qualcuno porta la dicitura “Roma”. Ma non ce la faccio. Sto ancora troppo comodamente nascosto dietro i due supereroi che si baciano.
Finchè sullo schermo non compare un ragazzo. Ha un paio d’anni più di me, è di Roma. Lui la foto l’ha messa…moro, sguardo penetrante. Non è male, mi dico,  E non faccio in tempo, perché lui già mi scrive:
-          Ciao
-          Ciao (che stupido, ho un mezzo groppo in gola…addirittura uno che mi scrive!)
Solite (l’avrei scoperto dopo) formalità da chat…come va? Come ti chiami?che fai nella vita?
Lui è Patrizio, vive a Roma da solo. Mi racconta un po’ di sé, della sua famiglia, della sua passione per la filosofia e per le discipline orientali. Scopro le sue idee politiche (meno male che è di sinistra), la sua passione per i dolci.
Mi chiede di me. Gli interessa sapere di cosa mi occupo, quali sono le mie aspettative per i  primi mesi da laureato. È simpatico, cordiale. Non me ne accorgo ed è quasi mezzanotte. Sto bene a parlare con lui. Nel frattempo qualche altra finestra compare sul monitor, Qualcuna mi chiede persino se voglio “sex” o se sono “a” o” p”. Chiedo a Patrizio. Dice che è normale, che anzi lui stesso qualche sera si è trovato a cercare del sesso in chat. Una stravaganza che gli perdono, perché sono invaghito del suo buon italiano e del suo essere cortese.
L’una di notte. Continuiamo ancora per un po’, poi è ora di chiudere per entrambi. Sono stanco, ma mi dispiace lasciarlo. Gli chiedo se domani sera ci sarà di nuovo:
-          Certo
-          Allora aspettami, può darsi che mi colleghi sul tardi, dopo l’allenamento!
-          No problem! J
-          Allora a domani Patrizio
-          ‘Notte bello
-          Buona notte a te!

mercoledì 5 settembre 2012

Pane, ricotta e marmellata

Buongiorno a tutti!
I primi effetti del nuovo regime alimentare iniziano a farsi sentire (a cominciare dal classico su e giù con il bagno...perdita di liquidi iniziata, ragazzi!)
Beh, finezze metaboliche a parte, inizio gradualmente a sentirmi meglio. Stamattina, solita colazione a base di fette biscottate integrali e the aromatizzato ai frutti.
Mentre mangiavo, però, mi è venuta in mente una colazione di un paio d'anni fa...con lui. C'eravamo già lasciati da un po' , ma quella notte abbiamo parlato e dormito insieme. E stranamente abbiamo solo dormito. Il mattino dopo è venuto a svegliarmi con una colazione fantastica, di quelle che oggi non mi posso "permettere": un enorme cappuccino freddo, panini tostati con sopra ricotta e marmellata.
Ecco, se proprio devo pensare ad una colazione, per me è questa...in una mattina d'estate...davanti a una finestra aperta, con qualcuno a cui vuoi davvero bene.
Qualche anno dopo, qualcun'altro l'avrebbe preparata per me. Sempre in una mattina d'estate. Stavolta su una terrazza. Dopo una notte stupenda passata tra le sue braccia. Avrei voluto che fosse il mio sogno. Ma di questo parleremo poi...
Buona giornata!
Andrea

martedì 4 settembre 2012

Ieri sera


Strano ma vero, ma per un giorno riesco ad arrivare a casa prima delle 18. Pomeriggio piovoso, solito traffico in giro. A casa accendo la tv mentre riordino un po’ e mi invento la cena. Una delle più azzeccate invenzioni televisive dell’ultimo decennio, secondo me, è la fascia prima del telegiornale: qualche programma di cucina per i poveri di idee, giochi a quiz contro la noia e un paio di telefilm abbastanza azzeccati. Naturalmente quelli che guardo io, li vede anche un pubblico che ha almeno dodici anni meno di me…ma insomma chissenefrega! Ormai la figura dell’omosessuale esiste in ogni buon film, fiction o serie che si rispetti. I tempi sono cambiati, il gay è stato sdoganato, vestito alla moda, reso leggermente più virile (finalmente) e schiaffato nelle storie con le sue ansie classiche ed i suoi momenti di felicità, a riscatto di un percorso di vita tortuoso e delicato (ma dai, l’avete scoperto adesso, cari autori televisivi?). Come diceva uno dei protagonisti di Dawson’s creek, “viviamo in un mondo post Will e Grace” (si vede che sono un patito di tutto quello che è in serie?)
Salvo però che ogni tanto ti imbatti in un prodotto meno stereotipato, più umano e alla fine guardarlo non ti dispiace. E capita che, tra la lavatrice da avviare e gli spinaci da scongelare, dall’episodio di oggi capti una domanda. “Come pensi a te stesso tra dieci anni?” Ed è proprio rivolta ad un ragazzo gay, che prima di rispondere chiude gli occhi ed immagina un ufficio, un compagno che è venuto a trovarlo al lavoro insieme al loro figlio adottivo. Un tenero bacio sulla porta, il bimbo che poi vuole salire in braccio. Potere del sogno americano.
Però non posso fare a meno di pensare che io questi sogni ad occhi aperti li faccio da tanto in realtà. Me lo immagino anche io un uomo da aspettare la sera.
Magari sul figlio sono un po’ dubbioso.
A costo di scandalizzare i più attivi sostenitori delle conquiste omosessuali, il tema dell’adozione mi lascia abbastanza perplesso. Non giudico due esseri umani dello stesso sesso incapaci di crescere ed educare un bambino. Anzi, dall’esperienza di due gay potrebbe scaturire una capacità di comprensione della diversità che non sempre è una caratteristica delle famiglie “tradizionali”. A preoccuparmi, è invece la limitatezza di noi esseri umani, che da piccoli abbiamo bisogno di due figure genitoriali necessariamente differenti. La mancanza di un padre o di una madre, vuoi a causa di una perdita, vuoi perché l’impostazione iniziale di quella famiglia non prevedeva la presenza di uno dei due, è pur sempre un ostacolo da superare per un minore alle prese con i suoi simili. Sappiamo tutti quanto i bambini possano essere sinceramente crudeli. Ma questa era solo una divagazione, non l’argomento principale. Quindi torniamo alle mie pippe mentali su un uomo da amare.
È solo una fantasia, quindi me lo sono sempre costruito nella testa a piacimento. Invariabilmente però è sempre abbastanza alto, moro, occhi chiari magari (ma non è una priorità), discretamente villoso, definito ma non troppo. Ma queste sono variabili. Quello che conta è che me lo immagino sempre di ritorno dal lavoro, o mentre mi fa una chiamata veloce per sentire dove sono, che sto facendo. Me lo immagino che guida con me di fianco al ritorno da un pomeriggio insieme, o attorno a un tavolo durante una domenica a pranzo con gli amici.
Penso che in fondo siano le favole che ci raccontiamo tutti; immaginiamo che lui abbia occhi solo per noi, che ci lanci uno sguardo di complicità. Sentiamo le sue mani e non ci vuole molto ad immaginare il timbro della sua voce, il suo ciuffo spettinato la mattina, appena sveglio. Maledetta mente che non riposi mai. Maledetto cuore che non sei fatto per la solitudine.
Potrai essere moro, non so. Alto, simpatico, sportivo: non so nemmeno questo. Quello che so è che voglio innamorarmi di te.
Sarai tu a decidere se amarmi. Per adesso voglio solo incontrarti.

Obiettivi

Buongiorno!

Qualche minuto ancora prima di iniziare a lavorare. Stamattina sveglia alle 7.00 (dai, non mi posso lamentare) seguita da the zuccherato con fruttosio e due fette biscottate integrali.
Aver iniziato questo percorso - e poterne parlare in questo modo - mi fa sentire in certo qual modo sollevato. Ma necessito di un obiettivo. Al diavolo i mitologici "7 chili in 7 giorni"! cominciamo per piccoli passi e facciamo così: per il mio compleanno, il 13 ottobre, mi voglio regalare 2 kg di meno. Ciò vuol dire che l'ago della bilancia si dovrà fermare almeno sui 90.8. Dai, ce la posso fare!!!
Fra qualche giorno riprendo anche gli allenamenti, quindi una mano in più me la darà lo sport.
Per adesso, pieno di ottimi propositi, non mi resta che augurarvi un buonissima (e poco calorica) giornata! :)
Andrea

lunedì 3 settembre 2012

Da qualche parte bisogna pur cominciare...


Esiste un modo per essere gay? Ahimè, credo proprio di no!
C’è il figo superpalestrato che si pompa i muscoli e gli addominali dalla mattina alla sera, barba disegnata, camicia aperta sul torace glabro oppure no, con quel filo di peluria che fa proprio tanto sexy.
C’è la checca fashion victim, che non esce senza i maxi occhiali da sole, come se tutte le vetrine fossero quella di Tiffany…anche se poi il cappuccino e il cornetto li evita perché, per carità, una botta di calorie del genere stenderebbe pure il metabolismo più in forma.
C’è l’intellettuale con la barbetta incolta, il golf sformato sopra la t- shirt a righe, libro sempre in mano e immancabile pacchetto di Marlboro light, che poi ci parli e l’esagerato gesticolare delle mani curatissime fa vedere quanto in fondo preferirebbe i lustrini e i tacchi alti.
C’è il ragazzino da pride, che a sedici anni sapeva benissimo chi era e cos’era. Che ha il fidanzatino un po’ più grande da tenere per mano, capelli sparati sugli occhi (magari ha rubato la piastra alla sorella), sguardo finto innocente svezzato da decine di porno scaricati sul netbook di papà…tanto poi basta cancellare la cronologia.
C’è lo sposato represso, l’etero curioso, l’eterno chattarolo che sta lì a spizzare fisici da rivista, nella speranza di guadagnarsi una sera alternativa a casa di uno sconosciuto carino, mentre la moglie è convinta che sia in ufficio preso tra lo schermo del computer, una birra troppo calda e il cartone della pizzeria.
E poi ci siamo noi. I gay ordinari, a cui non è saltato mai in mente di mettere piume e pallettes, né lenti colorate, né magliette il cui collo scende fino al petto. Siamo i gay della camicia abbottonata sopra i jeans un po’ scoloriti (ma sì, diamoci questo tocco alla moda), che vanno a lavorare troppo presto e rientrano a casa dopo il telegiornale delle 20 (l’avranno inventato per noi il tg di mezza sera?). Siamo quelli che iniziano la dieta il lunedì mattina e il martedì a pranzo è già andata a puttane, perché hai visto quei cavolo di supplì fumanti nella rosticceria sotto l’ufficio. Siamo quelli del divano sfondato e di una tazza di the con quell’amico che ti è venuto a rompere perché ha litigato con la ragazza; quelli di tua madre che chiama mentre tenti di chiudere la lavatrice troppo piena. Siamo quelli che la domenica pomeriggio di un autunno inoltrato s’incantano come babbei davanti ad un tramonto vicino al lago, e che nemmeno si ricordano che sarebbe stato meglio portarsi una sciarpa perché è novembre e quel raggio di sole pomeridiano era tutta un’illusione.
Non dico che lo sposato, il ragazzino, l’intellettuale, il figo o gli altri mille abitanti di questo matto macrocosmo non siano capaci di perdersi di fronte all’ultima luce di un giorno che muore, ma noi, a differenza loro, siamo quelli che da quel giorno non vogliono scappare.
Sappiamo benissimo che è qui che siamo e andare via da un mondo troppo acerbo per capire chi ama uno del suo stesso sesso non è ancora possibile. Niente razzi che ti catapultano su Marte, amici miei, niente capsule supersoniche per fuggire sulla luna. Sappiamo che arriverà la sera e che ci porterà a casa. Dove forse ci sarà quella chiamata dei tuoi per sentire come stai…o forse no, perché loro hanno deciso di non capirti quando gliel’hai detto. Entrando in casa forse vedrai la schiena di lui che tenta di accendere il gas, ma proprio non gli riesce…e sta già con il telefono in mano e il bigliettino della pizzeria tra le labbra. E sei fortunato se lui c’è, perché potrebbe essere soltanto un tuo sogno di normalità ad occhi aperti ed entrando troveresti solo la luce che hai scordato accesa e un po’ di lavoro da sbrigare per domani. Cavolo, è già lunedì domani! Eviteresti volentieri la sveglia alle 6, il caffè che non riesci a farti e il biscotto integrale che trangugi in ascensore. Altra camicia (che ti è venuta stirata di merda), cravatta azzurra che invece ti è sempre stata bene. Non capisci perché nell’ascensore ci sia sempre uno specchio, troppo indagatore, troppo inflessibile per essere solo le sette e mezza di lunedì. Ti aggiusti i capelli e non puoi fare a meno di guardare la stempiatura che avanza…ma chissenefrega, c’è un giorno che ti aspetta. Ma questo è il mio giorno…il giorno di Andrea.

Ho quasi 28 anni e non sai quanto c’ho messo a fare pace con l’essere omosessuale.
Un percorso da manuale, mi hanno detto.
Come al solito comincia tutto negli anni  del liceo. Classico il mio, in un paese di provincia né grande né piccolo. Facce conosciute, spesso sorrisi e saluti quando passi per strada. Tuttora ci sto bene, non sono uno di quelli che devono per forza scappare in città perché al di fuori dell’asfalto metropolitano nemmeno ti ascoltano. Pietro è il mio amico storico: pancetta da bambini viziati (o semplicemente amati), primi brufoli, primi porno sbirciati a luce spenta su un canale satellitare, prime emozioni: tutto insieme.
Salvo che a 16 anni gli ormoni ti girano dentro come fossero sull’autostrada e non gli dai peso se c’è la prima fidanzatina. Però capita anche che in un pomeriggio normale, nella tua stanza normale, sulla tua normale scrivania, con una normalmente indecifrabile versione di greco davanti, ci scappi un bacio con Pietro. Dato da lui, ovviamente. E che cavolo, non puoi non ricambiare! tanto sai di non essere gay. Anzi, un paio di volte – dopo che la storia si ripete sempre più spesso – te lo domandi anche ad alta voce: “mica saremo froci a fare ‘ste cose…?” Per tutta risposta, qualche secondo di silenzio seguito da una mezza risata nervosa e da un “macchè”che non mi ha mai convinto.
Abbiamo fatto l’amore per anni io e Pietro. Erano sempre i nostri dopo pranzo di compiti e di baci, che poi sono diventati tocchi furtivi e poi ancora carezze. Ci siamo trovati nudi a scoprire di piacerci e a far capire a lui che quel che facevamo era molto meglio di quel che provava con la ragazzina del momento. Chi tradiva chi? Il tradimento non è un pensiero degli adolescenti, la sofferenza del “terzo” non ti sfiora se sei sicuro di star seguendo il tuo cuore. Le ragioni del cuore, così le chiamano. Io c’ero molto prima di lei (mi pare si chiamasse Anna) eppure Pietro poteva baciarla davanti a tutti, tenerle la mano, far l’amore con lei senza dirmelo.
La mia sofferenza di quei mesi era una gelosia di quelle che bruciano e fanno male davvero; la senti scavarti nel corpo ancor più che nel cuore virtuale di cui parlano i poeti. Il mio mostro verde, però, tornava a dormire ogni volta che “studiavamo insieme”. Ero talmente secchione che non m’importava di fare i compiti anche per lui, purché ricevessi un bacio dalle sue belle labbra grandi, purché sentissi il suo respiro di piacere. Non m’importava di essere io il più delle volte a guidare le sue carezze, le sue dita tra i miei capelli e a spingere la sua bocca sul mio corpo. Eravamo noi in quel momento: mi illudevo di convincere entrambi che sarebbe stato possibile.
Ma poi cresci e vorresti che tutto questo crescesse con te. Ma a volte il tuo amore resta adolescente mentre tu diventi un uomo, senza possibilità di fermarti a guardarlo e a correggere i tuoi sbagli.
Vacanza insieme, noi e la solita combriccola di amici. Cerco di fargli quella domanda che è un sacco di tempo che gli ripeto, il più delle volte dopo aver fatto sesso, nella stupida speranza che la risposta sia più dolce. “Proviamo a stare insieme?” Stavolta glielo dico in una camera d’albergo in Puglia e il suo “sì”  è una gioia che non mi aspetto. Non voglio vedere però quanto sia detto a denti stretti, senza che gli occhi, la fronte, le labbra dicano veramente” si”.
Dura poco la mia felicità. Al ritorno è nervoso. Evade ogni domanda e si fa sentire meno di niente.
La doccia fredda arriva per telefono. Mi dice che forse i suoi iniziano ad intuire qualcosa, che ha paura, che forse sua madre ha tentato di affrontarlo apertamente sull’argomento. Gli dico la classica frase da soap, ma allora la pensavo davvero: “Possiamo essere spaventati insieme?” Non risponde, sono poche le volte in cui lo ha davvero fatto. Mi chiede tempo e glielo concedo.
Anni più tardi, una mia amica avrebbe detto che le pause di riflessione sono l’anticamera della fine in qualunque storia.

Piacere, Andrea!

Benvenuti!
Ore 13:46 di un pomeriggio di fine estate.
Peso di oggi: 92.8 kg...che considerando la mia altezza (1 m e 83) supera di una decina di chili abbondanti il mio peso forma. 
Ma questo blog non vuole essere un tentativo di dare consigli salutisti (non sono un medico né un nutrizionista), tanto meno nasconde il secondo fine di propinare strani sistemi di dimagrimento fai da te. Sarà piuttosto un diario di chi litiga con la bilancia almeno una volta a settimana (le mie "diete" iniziano perennemente il lunedì e si arenano già il venerdì sera). Sarà il racconto di come sono approdato a questo peso e di come spero di tornare a recuperare un po' di forma e, con essa, un pezzetto della mia vita.
Ah, non ve l'ho ancora detto: sono GAY. E quindi, è bene che lo sappiate da adesso, qui si parlerà di ragazzi   . Quindi, chi ha problemi con l'omosessualità si senta pure autorizzato a cancellare per sempre questo blog dalla cronologia del suo portatile, tablet, iphone o quanto di più tecnologico abbia per le mani!
Ops, che maleducato! Non mi sono ancora presentato...io sono Andrea, o almeno per il momento, chiamatemi così!